NauTech, Novembre 2014


Lavorate di più con cantieri di produzione o manutenzione? Quindi dal vostro punto di vista, diretto o anche indiretto, che importanza ha in questo periodo il “nuovo” e l”usato” – avete rapporti anche con l’utente finale (es. comandanti)?

Lavoriamo direttamente con alcuni grandi cantieri di produzione e, tramite distributori, con i maggiori gruppi italiani ed internazionali. Negli ultimi tempi è cresciuta molto l’importanza del settore del refitting. Riceviamo molte richieste di contatto dagli utenti finali, proprietari, comandanti di barche… a tutti diamo volentieri i nostri consigli tecnici e poi li indirizziamo verso i nostri distributori.

Come è organizzata la vostra distribuzione in Italia e all’estero, quanto è diretta (nel caso) e quanto e come tramite distributori locali, come sono o devono essere i rapporti per funzionare, che cosa ci si aspetta da un distributore.

La nostra principale distribuzione, sia in Italia che all’estero, avviene mediante grossisti e rivenditori, anche se qualche cantiere viene fornito direttamente. Per la distribuzione dei nostri prodotti ci siamo rivolti ad aziende serie e affidabili, con le quali da molti anni abbiamo instaurato un rapporto di collaborazione basato sul dialogo e sulla trasparenza.

Nel panorama dei vostri clienti principali, qual è -di massima- la percentuale di clienti italiani, europei, extraeuropei?

Col passare degli anni la distribuzione all’estero è andata via via aumentando, e oggi si aggira attorno al 60%, di cui il 40% all’interno di paesi della CE e il 20% in paesi extraeuropei.

Quali sono i mercati che danno i maggiori segnali di interesse oggi e nel passato recente e remoto?

Il principale mercato estero è rappresentato per noi dalla Gran Bretagna, paese in cui collaboriamo con lo stesso distributore da oltre 30 anni. Lavoriamo bene e costantemente comunque anche sugli altri mercati europei (Olanda, Francia, Spagna…) ed extraeuropei.

L’azienda ha una storia che attraversa “epoche” nautiche: ci può raccontare come si è evoluta la nautica, magari individuando le peculiarità nei diversi decenni? Come si sono evoluti i prodotti ed eventualmente il macchinario e il sistema di produzione?

L’evoluzione nella nautica ha portato alla richiesta di prodotti di sempre maggiore qualità. I vari macchinari devono quindi necessariamente essere mantenuti all’avanguardia, per far fronte alle nuove esigenze di lavorazione. Per questo noi investiamo costantemente, in media ogni biennio, soprattutto in nuove tecnologie per macchine utensili e banchi di prova e collaudo.

Quanto conta e se è un sempre e per forza un dogma l’italianità del prodotto e dell’azienda? Assistiamo all’internazionalizzazione di alcune aziende e di alcuni cantieri con risultati ed effetti positivi e negativi.

Mantenere il 100% Made in Italy è essenziale per garantire prodotti di assoluta qualità. Non ci ha mai sfiorato l’idea di delocalizzare la nostra produzione, attirati da facili ritorni economici. Siamo da sempre convinti assertori del Made in Italy e, anche nei periodi di difficili crisi economiche, abbiamo sempre prodotto in Italia e utilizzato materie prime italiane. Abbiamo tutta l’intenzione di continuare con questo modello di business.

Nella vostra fascia (o più fasce) di mercato quanto conta il prezzo e quanto la qualità (durabilità, affidabilità ecc.) o in quale proporzione? I concorrenti asiatici (cinesi? altri?) dove e come sono pericolosi e cosa si può fare come impresa, come sistema (associazioni categoria, Ucina ecc), come nazione (iniziative del Governo)?

La nostra azienda ha sempre puntato su durata, qualità e sicurezza. Non ci siamo mai lasciati trascinare da quelle fasce di mercato che badano solo al prezzo. Siamo soci UCINA dal 1985 e riconosciamo gli sforzi compiuti dall’associazione, ma a livello governativo sino ad oggi siamo rimasti piuttosto delusi: troppo spesso la nautica è stata penalizzata da tasse e prese di posizione inique. Purtroppo i risultati, negativi, si sono visti.

A quali fiere avete partecipato negli anni, cosa ne pensate e che cosa vi aspettate? Siamo a ridosso del Mets e siete stati da poco a Genova. Si parla molto della situazione di Genova, quasi sempre solo in negativo, ma per più di 50 anni abbiamo avuto il salone più grande del mondo.

Noi partecipiamo al Salone di Genova dal 1982 e qui abbiamo conosciuto la maggior parte dei nostri clienti e distributori. Ci dispiace molto vedere che il Salone non suscita più l’interesse e l’attrazione di un tempo.
Oltre al METS di Amsterdam abbiamo partecipato alle fiere di Miami, Fort Lauderdale, Singapore. Indirettamente, tramite i nostri distributori, siamo presenti comunque in tutte le principali fiere anche fuori dall’Europa (Australia, Nuova Zelanda, Emirati Arabi Uniti…).

Quali problemi tecnici avete risolto, per qualche imbarcazione o utilizzo in particolare, qualche aneddoto…

Negli anni abbiamo sviluppato 13 brevetti, risolvendo parecchi problemi in termini di applicazioni e fornendo diverse soluzioni ad hoc per i nostri clienti. I cambiamenti da noi introdotti nel settore hanno sempre riscosso il massimo consenso. L’innovazione più recente è costituita dalla valvola antiblocco, che risolve i ben noti problemi causati dalle valvole tradizionalmente impiegate per uso nautico. La nostra nuova valvola ha rappresentato una piccola rivoluzione nel settore.

Ci spieghi perché l’azienda è nel novarese, si può parlare di distretto rubinetteria? Come funziona la logistica, la fornitura, materie prime ecc. come si recluta, come si forma (esterno, interno) e di quale personale ha bisogno l’azienda?

L’azienda si trova nel novarese, in Valsesia per la precisione, perché qui sono nato e cresciuto. Come Lei correttamente dice, ci troviamo all’interno del “distretto della rubinetteria” e forse proprio questo mi ha spinto a differenziare la produzione: volevo produrre qualcosa di diverso. Poiché avevo alcuni contatti e conoscenze nell’ambiente nautico ho iniziato a sviluppare prodotti specifici per questo settore e, visto il successo riscosso dai nostri accessori, abbiamo continuato la strada intrapresa.

Per quanto riguarda il personale mi considero molto fortunato, ho persone che lavorano in azienda da oltre 40 anni, altre da 25 o 30. Credo che non sia retorico dire che la Guidi è di fatto strutturata come una grande famiglia.

L’aspetto mecenatesco e culturale dell’azienda ci sembra una rarità lodevole, una sorpresa nel nostro ambiente spesso duramente “commerciale”, quasi un’opera di promozione “universale” a lungo periodo: ce ne parli, come nasce e perché?

Il nostro approccio all’arte contemporanea è avvenuto “timidamente”, quasi per caso, nel 2007, anno in cui ci fu presentata la fotografa americana Jill Mathis. A lei affidammo l’incarico di realizzare la nostra monografia in occasione del quarantesimo anniversario aziendale, nel 2008. Gli scatti di questa artista ci hanno profondamente affascinati e ci hanno indotti a proseguire in quella che si era rivelata per noi una piacevolissima nuova esperienza.

I vari artisti da noi conosciuti negli anni e con i quali abbiamo collaborato (Alessandro Ciffo, Elizabeth Aro, Michelangelo Pistoletto, Chris Gilmour, Marco Lodola, unitamente alla già citata Jill Mathis) hanno saputo entusiasmarci e trasmetterci la loro passione, attraverso la loro bravura e creatività, l’intuito e la capacità di sorprenderci. L’incontro con l’arte ci ha fornito emozioni così grandi, che oggi per noi è diventato impossibile pensare di scindere questo binomio o di tornare ad avvalerci dei sistemi di promozione aziendale tradizionali.

Investire nell’arte, oltre a stupirci ogni volta e procurarci sempre una grande gioia, ci lascia risultati tangibili sia negli apprezzamenti riscossi sia nelle opere prodotte, che possono essere, in qualsiasi momento, portate a conoscenza di un pubblico sempre nuovo e interessato, attraverso manifestazioni mirate. Ne è un esempio la barca di Chris Gilmour da noi portata al Salone di Genova quest’anno insieme a un paio di scatti di Jill Mathis.
Gli apprezzamenti ottenuti mediante le varie forme di espressione culturale da noi sperimentate sino a oggi sarebbero stati dei traguardi impensabili – e irraggiungibili – mediante le forme di pubblicità e marketing tradizionali.


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